Tra i principali compiti di un insegnante di lettere c'è sicuramente quello di stimolare la lettura.
Compito che non si esaurisce nell'assegnare un libro da leggere a casa, lavoro spesso eluso o sentito come una sterile forzatura. Anche perché non è detto che il libro che noi docenti scegliamo per i nostri studenti sia di loro gradimento. Ho amato dei libri che non mi sognerei mai e poi mai di assegnare per casa o come lettura delle vacanze.
Comunicare un piacere, trasmettere una passione, accendere un interesse sono tra i compiti più difficili per noi insegnanti. Tutte cose bellissime sì, ma che non si insegnano.
A tal proposito penso all'incipit di Come un romanzo di Daniel Pennac:
"Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare", il verbo "sognare". Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: "amami!" "Sogna!" "Leggi!" "Leggi! Ma insomma, leggi, diamine, ti ordino di leggere!" "Sali in camera tua e leggi!" Risultato? Niente. Si è addormentato sul libro".
E proprio a lui mi sono rivolta per svolgere questo compito gravoso nella mia Prima Media prendendo spunto da un altro suo libro, Ernest e Celestine pubblicato da Feltrinelli.
Di seguito, i 7 punti che hanno caratterizzato il mio laboratorio:
#1. Un laboratorio si fa in laboratorio.
Ecco perchè ho deciso di leggere questo libro nel luogo più indicato della scuola: la biblioteca. Seduti per terra, sdraiati sui cuscini, accoccolati su comode poltrone, ognuno è libero, mentre leggo, di scegliersi la posizione che preferisce, di non fare niente o di sfogliare altri libri. Ho allestito un laboratorio completamente diverso dal setting tradizionale della classe per restituire un'idea di libertà. La biblioteca è diventato un luogo e ha rappresentato un momento da vivere in modo spensierato.
#2. Si legge in tanti modi.
Nella fase iniziale ho letto solo io. Per due motivi. Primo: avevo bisogno di far capire bene i personaggi e la situazione di partenza in modo che i ragazzi entrassero bene nell'atmosfera del libro. E secondo motivo... perchè leggere mi piace, ovvio!
In altre momenti ho distribuito le parti, organizzando una lettura a più voci, oppure ho interpretato io tutti i ruoli con voci diverse.
Ma la cosa più bella è stato alternare ognuno di questi modi, senza mai adagiarmi nell'abitudine. Ho imparato che se si crea uno schema per poi violarlo, il divertimento è assicurato e si manifesta con lo stupore e l'attenzione dei ragazzi.
L'idea in più: far interpretare il personaggio femminile a un alunno e quello maschile a un'alunna: preparatevi a un'esplosione di allegria!
#3. Si può leggere in tante posizioni.
Si può leggere in piedi con il libro appoggiato a un leggio, oppure seduti in mezzo a loro. Oppure si può far passare il libro di mano in mano interrompendo la lettura in qualsiasi momento.
#4. Leggere vuol dire immaginare.
E se riesco a immaginare posso anche disegnare. Il "quaderno di lettura" (deve esserci anche un quaderno, perché leggere ci condurrà prima o poi alla scrittura) può diventare un album colorato che racccoglie i disegni, le riflessioni personali, le parole dell'autore che più hanno colpito.
#5. Leggere vuol dire giocare.
È così che un pomeriggio preparo dei foglietti bianchi su cui scrivo una frase. Li arrotolo con estrema precisione, perché sono piccoli piccoli e sono una metafora per rendere viva una scena. I foglietti rappresentano i dentini che Celestine, la protagonista della storia, ha il compito di prendere e mettere in un sacco. E ho anche un sacco. Che nella mia mano è piccino, ma possiamo immaginare che tra le zampine di Celestine sia grande e pesante.
Il giorno dopo al momento opportuno lo tiro fuori, lo apro e faccio cadere tutti i foglietti. I ragazzi devono aprirli e gridare a squarciagola la loro battuta. Non importa se fanno rumore e se siamo disordinati... Il nostro gioco sta creando una momento magico che trasforma noi lettori in personaggi. Ora anche noi siamo parte della storia e abbiamo un ruolo. Siamo topolini tra topolini: dobbiamo dire la nostra battuta.
#6. Quando finiamo la lettura c'è un po' di tristezza nell'aria, ma è il momento di raccontare un'altra storia: quella che c'è dietro il libro.
Ed è una storia altrettanto affascinante. Questa volta i personaggi sono Pennac in persona e la disegnatrice belga, Gabrielle Vincent. Perchè in realtà il libro fatto di parole arriva dopo i graphic novel fatto di immagini. E c'è una storia che è bella da raccontare perchè ci svela come nasce un libro.
#7. E ora... cinema!
Perché da questa storia ne è nato nel 2012 un film con i disegni delicati e poetici. A questo punto la curiosità dei ragazzi non è più dettata dal “chissà come va a finire”, ma dal ritrovare un particolare episodio sullo schermo o per vedere come è stato pronunciata una battuta (in particolare la loro preferita è quella che Ernest pronuncia più volte: "e le caramelle mou?").
Bilancio. Il laboratorio di lettura ci ha accompagnato per un periodo molto lungo, quasi un intero quadrimestre. Le scene sono state dilatate o velocizzate. Abbiamo letto queste pagine in modo serio (perché seri erano le tematiche di sottofondo) oppure in modo divertente. Le abbiamo interpretate e immaginate.
Abbiamo letto un libro insieme e condiviso un momento, un luogo.
Merito di un testo scritto in modo straordinario da un grande autore.
Merito di una scrittrice che ha ideato una storia poetica che parla di temi importanti di amicizia e diversità, di passioni e integrazioni.
Ingrediente fondamentale: quasi dimenticavo l'ingrediente segreto! Possiamo porci tanti obiettivi quando facciamo un laboratorio di lettura, ma tutto parte da un'idea chiave. Se il docente ama il libro che ha scelto, il piacere della lettura forse non riuscirà a insegnarlo, ma di sicuro lo avrà condiviso.
di E.M. in AreaDocenti